Burnout o stanchezza? 6 segnali scientifici per riconoscerli e cosa fare subito: confini, sonno, organizzazione e supporto.
Ti senti sempre scarico e fai più fatica a concentrarti? A volte è normale stanchezza. Altre volte è burnout, una condizione legata al lavoro che non passa con una notte di sonno e finisce per toccare umore, corpo e performance. Ecco come distinguere le due cose e cosa fare in pratica.
È un insieme di tre elementi: esaurimento, distacco/cinismo verso il lavoro e calo di efficacia. Non riguarda “quanto vali”, ma come è organizzato il tuo lavoro: carico, obiettivi, autonomia, interruzioni, confini.
Stanchezza che non passa col riposo
Dormi 7–8 ore ma ti svegli vuoto. Non è solo fatica fisica: c’è un logoramento emotivo che rende difficile “ripartire”.
Distacco o cinismo verso colleghi/utenti
Ti ritrovi a essere freddo, sarcastico, “spento”. È una difesa: quando bruci troppe risorse, il cervello abbassa l’empatia per proteggersi.
Calo di attenzione e decisioni più lente
Errori banali, mail rilette tre volte, scelte semplici che pesano. Non è mancanza di impegno: è decision fatigue.
Sonno fragile e risvegli notturni
Addormentarti è difficile o ti svegli spesso con la testa “accesa”. La mente resta in allerta anche a luci spente.
Il corpo parla
Cefalea di tensione, spalle/collo rigidi, stomaco in subbuglio. Lo stress diventa fisico e fa da amplificatore della fatica.
“Dread” della domenica e perdita di senso
Ansia o nodo allo stomaco pensando al lunedì, difficoltà a vedere il perché del tuo lavoro. La pigrizia passa, questo no.
Se ti riconosci in almeno 3 segnali nelle ultime 2 settimane, non ignorarli: è il momento di intervenire.
Ridisegna la giornata, non la vita.
Scegli 3 priorità vere e lavora a blocchi brevi (25’ lavoro, 5’ pausa). Sposta il resto a dopo. Così riduci decisioni e interruzioni.
Metti confini visibili.
Due finestre al giorno per email e chat (es. 11:30 e 16:30). Notifiche solo per urgenze reali. Un canale unico per gli imprevisti.
Proteggi la sera.
Novanta minuti “gentili” prima di dormire: niente schermi, appunti su carta per parcheggiare i pensieri, luci calde o doccia tiepida.
Coinvolgi chi può aiutarti.
Parla con il responsabile: mostra il carico reale, chiedi di ridurre o redistribuire il 10–15% e di aumentare l’autonomia dove serve.
Dai un segnale al corpo.
Ogni ora, 2 minuti di reset: alzati, allunga spalle/collo, 6 respiri lenti. A fine giornata 20 minuti di camminata leggera.
Settimana tipo: mattine dedicate al lavoro profondo, pomeriggi per riunioni. Evita giornate “a fette” da 15 minuti.
Job crafting: aumenta di un 15% le attività che ti ricaricano (analisi, creatività, mentoring) e riduci quelle a basso impatto.
Ambiente pulito: riunioni con agenda chiara o si rimandano; documenti condivisi, decisioni tracciate, meno ping inutili.
Igiene del sonno: orari regolari, stanza buia/fresca, no caffeina tardi. Il sonno non è un premio: è carburante.
Se compaiono insonnia persistente, ansia intensa, uso di alcol/farmaci per “reggere”, pensieri molto cupi o dolori fisici importanti, parla con un professionista (medico di base o psicologo del lavoro). Agire presto è un atto di cura.
È solo stress?
Lo stress va e viene con i carichi. Il burnout resta anche quando rallenti e cambia come pensi, senti e lavori.
Devo cambiare lavoro?
Non per forza. Spesso bastano confini, riallineo degli obiettivi e un po’ più di autonomia. Valuta cambi più grandi dopo aver recuperato energie.
Quanto serve per stare meglio?
Molti notano segnali di miglioramento in 2–3 settimane di confini + sonno + blocchi di lavoro chiari. Se non succede, chiedi supporto.
La stanchezza migliora con il riposo. Il burnout resiste al riposo: per uscirne servono confini, organizzazione e alleanze. Parti da piccole mosse quotidiane, proteggi il sonno e chiedi aiuto quando serve. È così che l’energia torna a salire in modo stabile.
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